Molti sono i parametri di scelta di uno strumento “elettrico” ad arco, ma la prima cosa da considerare è lo
stile di musica e il modo di suonare che si intende realizzare con esso.
Mi spiego: per suonare il Rock non è necessario uno strumento elettroacustico, anzi può essere addirittura
controproducente per la presenza di quei fenomeni tipicamente acustici chiamati “lupi” e quei picchi di
risonanze generati dalla tavola armonica, andrà invece benissimo un “Solid Body” per la sua linearità di
comportamento.
Viceversa per un Jazzista o un Classico il “colore” e la dinamica del suono sono fondamentali quindi sarà
disposto a sopportare con pazienza i tempi per il miglior fine tuning dello strumento e del set-up
elettronico.
Eʼ questo il principio fondamentale di ogni strumento elettrificato che alla grande maggioranza dei
musicisti sfugge: uno strumento, tradizionale o elettroacustico che sia, nel momento in cui il suono viene
prelevato elettronicamente, diventa un terzo strumento, quindi a tutti gli effetti un nuovo strumento, con
nuove caratteristiche e quindi nuove problematiche.
Questo vuol dire che i parametri che su uno strumento ad “amplificazione naturale” andavano bene adesso andranno rivisti. Se per “amplificare” un suono sono necessari molti accorgimenti tecnici anche per “rilevarlo” si dovrà procedere con metodo avendo ben chiaro il risultato da ottenere. Quindi il know-how di chi lo costruisce sarà fondamentale.
Per i Set-up elettronici vale il principio che la via di mezzo non paga, possiamo quindi sintetizzare due
approcci validi per fruire al meglio degli strumenti cosiddetti “elettrici”.
Eliminiamo subito gli eccessi riguardanti il set-up elettronico, troppo povero: un pick-up + lungo cavo. La semplicità è sicuramente un valore, ma se facciamo dipendere dalla qualità e lunghezza del cavo gran parte del nostro suono (soprattutto se il pick-up è un piezo) rischiamo di essere in balia di troppe variabili esterne (ce ne sono già abbastanza).
Troppo complesso: vari pick-up di tipologia troppo simile tra loro e vari stadi di amplificazione con
compressori, equalizzatori o filtri attivi, etc.. tutto utile sicuramente (se ben gestito), ma contro natura per
gli strumenti di cui stiamo trattando soprattutto perché il rischio di perdere la “naturalezza” del suono in
uno strumento che è già una sintesi è molto alto.
Quindi individuiamo i due set-up elettronici tipo ai quali fare riferimento.
Set-up Base: come si è detto la semplicità è sicuramente un pregio, quindi un solo pick-up va bene (per
lʼintrinseca maggior affidabilità e per un disimpegno mentale molto sano nel far musica), ma con un buffer in dotazione, non importa se dispone o meno del volume, lʼimportante è adattare subito lʼimpedenza e mettersi al riparo da tutti disturbi ed assorbimenti dovuti a cavi non eccellenti.
Di certo però questo set-up andrà bene solo per chi suona solo pizzicato perché lʼarco ha ben altre esigenze.
Set-up Completo: due punti dove rilevare il suono con tipologie di pick-up differenti in modo di evitare
sovrapposizioni di curva di risposta in frequenza (quindi dannose controfasi). Questo vuol dire che avremo a disposizione due timbriche miscelabili differenti per differenti esigenze (arco o pizzicato, solo o in big band, acustiche della sala asciutte o rimbombanti) senza ricorrere a filtri attivi o aggiustamenti vari che, come detto sopra, fanno perdere molte qualità, inoltre ci aiuteranno per una facile adattabilità agli impianti audio, e per una non totale dipendenza dai fonici!
Eʼ evidente però che questo schema richiede una migliore qualità generale di tutto lo strumento perché
ricordiamoci sempre che il suono che non cʼè non si può aggiungere!
Ma torniamo ai parametri di scelta principali: certamente un criterio di valutazione decisivo è la
Trasportabilità, naturalmente per cello e basso. Anche qui la via di mezzo non paga, uno strumento
elettrico non sarà mai abbastanza compatto al trasporto e sarà di sicuro sempre quel centimetro in più a
creare problemi.
Quindi valutare sempre gli ingombri totali, ma anche la forma della custodia, che non deve essere tozza
come un baule ma snella e proporzionata per infilarsi ovunque.
Robustezza: anche uno strumento tradizionale può dirsi robusto, ma richiede un‘attenzione costante per
prevenire i pericoli, viceversa dallo strumento elettrico è lecito pretendere che non debba essere sempre al centro delle nostre preoccupazioni, quindi la robustezza non è solamente dimensioni massicce ma
insensibilità alle alterazioni dovute a piccoli urti, alla facilità nel rimontarlo, alla possibilità di intervenire
con modifiche e riparazioni ovunque nel mondo.
Vista in quest’ottica non è facile giudicare la qualità di uno strumento, ma vale la pena valutarlo a fondo
prima di acquistarlo per non avere “sorprese” in futuro.
Feeling: ci sono strumenti che ricercano le forme di quelli tradizionali e altri che creano parametri nuovi.
In ogni caso è fondamentale che si abbia un controllo totale dello strumento senza doverlo tenere in modo innaturale o peggio che ci limiti nel nostro modo di suonare. Anche in questo caso è bene valutare tutti gli appoggi e/o considerare la possibilità di personalizzarlo, quindi sempre meglio scegliere componenti in legno e non in plastica.
Ancora più importante per il miglior feeling (e quì sarebbe necessario un capitolo a sé)
è la Suonabilità della tastiera.
La corretta messa a punto è più importante della qualità dei legni utilizzati!
Certo è molto piacevole suonare su un’ebano Africano nero come l’inferno e dal poro quasi invisibile
invece che su un pezzo di faggio verniciato ed è anche vero che il più alto modulo elastico dell’ ebano darà una risposta in frequenza diversa dal palissandro o da legni meno nobili.
Ma nel valutare uno strumento, soprattutto se di fascia medio bassa, è meglio verificarne la corretta rettifica della tastiera, la giusta spaziatura del capotasto, l’altezza delle corde e il raggio di curvatura del ponticello.
Si vedono contrabbassi con grandi tastiere di buon ebano ma piatte, ovviamente montati con ponticelli
altissimi per non far “frustare” le corde. Questo significa che il vostro liutaio primo o poi dovrà intervenire
per renderlo suonabile.
Normalmente gli strumenti ad arco “elettrici” risentono meno delle variazioni climatiche per cui i bridge
adjuster non sono indispensabili (restano oltretutto un ostacolo alla trasmissione del suono) se però sono
richiesti ( ad es. per suonare con differenti tecniche esecutive) è bene verificarne la scorrevolezza.
Se invece la destinazione dello strumento elettrico non è orientata alla performance, ma allo studio
individuale per la necessità di non disturbare, l’ascolto in cuffia è indispensabile perché per il controllo
dell’intonazione è bene poter sentire tutte le armoniche.
In questo caso la “naturalezza” del suono (ma anche del feeling dell’arco sulle corde) sono decisive.
Che senso ha esercitarsi con un suono “artificiale” se poi la realtà del proprio strumento classico è
tutt’altra? Alcuni strumenti in cuffia ci fanno sentire molto bravi, ma questo spesso è perché sono state
filtrate le armoniche più stridule o peggio inseriti effetti di riverbero che camuffano la realtà.
Un buon metro di giudizio è la prontezza dell’emissione e la reattività della corda sotto l’arco.
Consideriamo anche i motivi di scelta che esulano da quelli prettamente pratici.
Per i musicisti ad arco, lo strumento elettrico è anche una “stanza dei giochi” ossia uno spazio mentale,
oltre che fisico, dove sviluppare le proprie idee musicali spesso non appartenenti alla propria occupazione
principale, e questo sia per registrarsi e/o elaborare il suono sia per improvvisare in una condizione di
riservatezza (ascolto in cuffia).
In questo caso non credo che ci siano regole nella scelta ma solo il proprio istinto da seguire, casomai solo verificare che lo strumento che stiamo per acquistare non ci limiti troppo nelle nostre capacità.
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